CORONAVIRUS E IMPLICAZIONI GIURIDICHE
1. L’emergenza internazionale e le relazioni contrattuali
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che il focolaio internazionale da nuovo Coronavirus, Covid – 19, costituisce un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern). Con ciò si intende “un evento straordinario che può costituire una minaccia sanitaria per altri Stati membri attraverso la diffusione di una malattia e richiedere una risposta coordinata a livello internazionale”. Ciò comporta l’adozione di significative misure temporanee (come le quarantene o i blocchi dei mezzi di trasporto) che producono un impatto sia a livello politico che economico, provocando possibili interruzioni nell’attività di business di diverse imprese. Fra le principali industrie colpite richiamiamo: (i) quelle fondate sul commercio internazionale; (ii) l’industria navalmeccanica e delle costruzioni navali; (iii) l’industria dei trasporti; e (iv) il mercato energetico e delle materie prime.
Questo evento straordinario potrebbe ripercuotersi anche sulle vostre attività di impresa. Per questo vi segnaliamo quali potrebbero essere le implicazioni giuridiche con specifico riferimento alle relazioni contrattuali in corso.
La forza maggiore
Qualora la vostra attività risenta di interruzioni o ritardi a causa della minaccia sanitaria e dell’adozione delle relative misure di contrasto, così rischiando di risultare inadempienti rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti conclusi con terze parti (es. società partner, committenti), avete la possibilità di fare affidamento sulla disciplina in tema di causa di forza maggiore, la cui applicazione dipende dalla legge nazionale applicabile al contratto e dalle disposizioni contenute nel contratto stesso.
La forza maggiore è un concetto comune a molte leggi nazionali, sebbene l’ordinamento giuridico italiano non ne fornisca una definizione. La causa di forza maggiore è un fatto straordinario, imprevedibile ed inevitabile al quale non è oggettivamente possibile resistere e che non può essere superato con lo sforzo diligente del debitore volto ad assicurare il puntuale adempimento dell’obbligazione. Questo concetto, deriva dal lontano Code Napoleon francese ed è contemplato non solo dal diritto privato italiano ma anche da quello cinese. Infatti la legge cinese sui contratti (PRC Contract Law, art. 117, co. 2) definisce la forza maggiore come un evento o circostanza che sia oggettivamente imprevedibile, inevitabile e insormontabile.
Nell’ordinamento giuridico italiano, se la prestazione contrattuale è diventata definitivamente impossibile per causa di forza maggiore, l’obbligazione si estingue; se invece l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. La disciplina della forza maggiore entra direttamente in gioco nei rapporti contrattuali anche se non è stata inserita un’apposita clausola contrattuale. Essa costituisce infatti espressione di un più ampio principio che regola i contratti in generale (il principio della non imputabilità dell’inadempimento).
Se la legge applicabile al contratto è quella cinese, anche in questo caso, salvo diverso accordo tra le parti e salva l’applicazione di una specifica disciplina contraria, il debitore non è responsabile qualora per ragioni di forza maggiore sia impossibile adempiere al contratto. A tal fine, la parte inadempiente entro un termine ragionevole deve informare l’altra parte fornendo evidenza delle circostanze impeditive. Secondo il diritto cinese, le cause di forza maggiore costituiscono motivo di risoluzione del contratto.
Ove la legge applicabile al contratto sia quella inglese, occorre prestare maggiore attenzione al contenuto del contratto stesso. Questo perché, nel sistema giuridico inglese, il concetto di forza maggiore non viene in rilievo automaticamente, ma è necessario che nel regolamento negoziale sia inserita un’apposita clausola che escluda la responsabilità del debitore per inadempimento dovuto a cause di forza maggiore. Se tale clausola non è stata negoziata, sarà necessario ricorrere ad altri rimedi.
Si tenga presente che i contratti possono talvolta essere regolati non da una legge nazionale bensì da una convenzione internazionale (es. Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci, c.d. Convenzione di Vienna dell’11 aprile 19806), dai principi generali del commercio internazionale (c.d. lex mercatoria) o dai Principi UNIDROIT dei Contratti Commerciali Internazionali. La causa di forza maggiore e i relativi effetti sui rapporti contrattuali potranno dunque essere soggetti a diverse declinazioni a seconda delle norme applicabili.
Eccessiva onerosità/Hardhisp
Al concetto di causa di forza maggiore si affianca anche quello di causa di hardship. In linea di principio, anch’esso identifica un evento imprevedibile e fuori dal controllo delle parti che rende particolarmente onerosa l’esecuzione della prestazione contrattuale, imponendo alle parti una revisione degli obblighi contrattuali.
L’hardship è, per esempio, espressamente contemplata dai Principi UNIDROIT. Questi ultimi prevedono che essa ricorra quando si verificano eventi che alterano sostanzialmente l’equilibrio del contratto, o per l’accrescimento dei costi della prestazione di una delle parti, o per la diminuzione del valore della controprestazione. La parte svantaggiata non ha il diritto di sospendere l’esecuzione del contratto ma ha il diritto di chiedere la rinegoziazione del contratto, la quale deve essere fatta senza ingiustificato ritardo e deve indicare i motivi sui quali è basata.
Eventuali limitazioni all’ operatività della forza maggiore
In ogni caso, la causa di forza maggiore non opera in automatico; occorre prima verificare se la legge applicabile al contratto o la formulazione della relativa clausola contrattuale pongano delle limitazioni alla sua operatività. Nell’attuale contesto caratterizzato dalla diffusione epidemica del Covid-19, che sta assumendo sempre più i connotati di una pandemia, vi sono una serie di punti da tenere in considerazione prima di invocare la causa di forza maggiore a giustificazione di eventuali inadempimenti contrattuali.
- In primo luogo, è necessario valutare se l’epidemia in corso, potenzialmente qualificabile come pandemia, o i provvedimenti adottati dai governi abbiano effettivamente avuto un impatto sulle prestazioni contrattuali impedendole o ritardandole.
- Se la risposta è affermativa, occorre in secondo luogo accertarsi che la pandemia e i provvedimenti ad essa connessi rientrino nel concetto di forza maggiore. Alcuni contratti possono infatti includere un elenco preciso di eventi o circostanze definiti come “forza maggiore”. Comunemente, vi rientrano i terremoti, le eruzioni vulcaniche, le frane, le catastrofi naturali, le epidemie; le guerre, le invasioni; i conflitti armati; i blocchi, gli embarghi; gli scioperi nazionali; le misure governative. Da questo punto di vista, l’evento straordinario in questione rileva sia quale epidemia sia quale presupposto per l’adozione di misure di contrasto da parte delle autorità competenti.
- In terzo luogo, i contratti possono prevedere dei prerequisiti per l’operatività della forza maggiore. Così, un contratto può ad esempio prevedere che la parte che intenda invocare la causa di forza maggiore debba notificarlo all’altra parte entro un certo intervallo di tempo o servendosi di uno specifico mezzo di comunicazione (posta raccomandata piuttosto che e-mail).
- Vi segnaliamo che alcuni contratti potrebbero prevedere che, ove la sospensione della prestazione contrattuale di una delle due parti per causa di forza maggiore perduri più a lungo di un determinato periodo, la parte che deve ricevere la prestazione abbia la facoltà di risolvere il contratto.
Qualora stiate risentendo dell’impatto di tale emergenza internazionale sulle vostre attività di impresa e, in particolare, sui vostri rapporti contrattuali, sarà di cruciale importanza analizzare i vostri contratti per verificare che la legge applicabile al contratto o il contratto stesso non preveda limitazioni di tal genere. Infine, tenete presente che l’onere della prova grava sulla parte che invoca la forza maggiore. Questa dovrà dunque fornire all’altra parte sufficienti elementi atti a sostenere la sussistenza della forza maggiore e a dimostrare che la prestazione è divenuta impossibile per tale causa.
Force majeure shield (“Scudo della forza maggiore”)
Il Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale (CCPIT) mette a disposizione dei certificati di forza maggiore (c.d. “force majeure certificates”) per le società con sede in Cina che intendano avvalersi delle disposizioni o clausole che consentono loro di sospendere l’adempimento dei loro obblighi contrattuali. Per ottenere il certificato le società interessate dovranno presentare apposita documentazione al CCPIT (come ad esempio, la prova di ritardi, annullamento dei trasporti o dichiarazioni doganali).
Azioni da intraprendere rispetto alle relazioni contrattuali in corso
Conclusivamente, per gestire gli effetti del Coronavirus sull’esecuzione dei vostri contratti commerciali è necessario dapprima individuare il diritto applicabile al contratto al fine di determinare la riconducibilità della diffusione del Coronavirus tra le cause di forza maggiore o di hardship. In secondo luogo, occorre verificare se il contratto abbia o meno una clausola di forza maggiore o di hardship e quale sia la sua ampiezza. In caso positivo, sarà il contenuto della stessa clausola a determinare la riconducibilità della diffusione del Coronavirus tra le cause di forza maggiore o di hardship e a determinare gli effetti e gli adempimenti a carico della parte che ne invoca l’applicazione. Ai fini dell’interpretazione della clausola di forza maggiore, in caso di dubbio, rileverà la legge applicabile al contratto.
- Profili giuslavoristici
La diffusione del Codiv-19 si ripercuote anche nelle misure che devono essere adottate dai datori di lavoro.
Tra queste si richiamano: (i) la necessità di aggiornare la valutazione dei rischi; (ii) l’individuazione, insieme al medico competente e al responsabile del servizio prevenzione e protezione di adeguati dispositivi di protezione individuale (ad es. guanti monouso e mascherine certificate); (iii) la predisposizione di specifici piani di emergenza volti a fronteggiare anche i rischi di contagio e di protocolli speciali sulla sorveglianza sanitaria; (iv) l’informazione e la formazione dei dipendenti in relazione al nuovo rischio specifico (fornendo, ad esempio, aggiornamenti costanti sulla base delle fonti ufficiali, i nominativi e i contatti del datore di lavoro e dei responsabili del piano di emergenza, le informazioni in merito alle modalità di richiesta di assistenza medica, in caso di sintomi influenzali o problemi respiratori).
Smartworking, periodi di congedo ordinario e ferie
Si segnala inoltre che è stato previsto che la modalità del c.d. smartworking possa essere applicata, per la durata dello stato di emergenza a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’articolo 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro [art. 1 lett. d) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (“D.P.C.M.”) 4 marzo 2020]. Si è inoltre raccomandato ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere la fruizione, da parte dei lavoratori, di periodi di congedo ordinario e di ferie (art. 1, lett. e) D.P.C.M. 8 marzo 2020, richiamato dal D.P.C.M. 9 marzo 2020 con estensione su tutto il territorio nazionale).
- Tutela dei dati personali
La minaccia sanitaria ha provocato una tensione nel rapporto tra sicurezza pubblica e tutela della salute, da un lato, e il diritto alla riservatezza, dall’altro.
In linea di principio, il trattamento dei dati relativi alla salute senza previo consenso del soggetto interessato è vietato salvo che non ricorra uno dei casi previsti dall’art. 9 del Regolamento (UE) 679/2016, Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (“GDPR”). Fra le eccezioni, viene in rilievo la necessità di trattare i dati (appartenenti a categorie particolari, quali quelli relativi alla salute) “per motivi di interesse pubblico nel settore della sanitò pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero […]”. Sul punto, il Garante Privacy, con parere del 2 febbraio scorso sulla “bozza di ordinanza recante disposizioni urgenti di protezione civile” ha ritenuto certamente ammissibile il trattamento dei dati relativi alla salute da parte delle organizzazioni preposte quali la Protezione Civile. Successivamente, il 2 marzo 2020, il Garante Privacy ha fornito un’indicazione sull’approccio che le aziende devono tenere. A tal proposito, lo stesso ha precisato che il trattamento dei dati relativi alla salute non sia ammesso da parte delle aziende, le quali non si possono sostituire alle autorità sanitarie o alla Protezione Civile. Infatti, la raccolta di tali dati è di competenza delle autorità pubbliche e non delle imprese private. Le aziende non dovrebbero quindi sottoporre un questionario ai loro dipendenti/fornitori/visitatori per raccogliere dati relativi alla loro salute e spostamenti o rilevare la loro temperatura. L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del Coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla Protezione Civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate. Resta comunque fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
È possibile posizionare un cartello all’ingresso dello stabile della società, e mandare una comunicazione ai clienti e fornitori, indicando che se sono stati a contatto con persone a rischio o presentano sintomi influenzali, o semplicemente febbre o tosse non possono accedere ai locali dell’azienda.
In conclusione, ai datori di lavoro non è consentito effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute dei lavoratori che non siano normativamente disposte dagli organi competenti.
- Misure di prevenzione igienico sanitarie
Su tutto il territorio nazionale è raccomandata l’applicazione delle misure di prevenzione igienico sanitarie (art. 3 comma 7 ed Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 8 marzo 2020):
- a) lavarsi spesso le Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
- b) evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
- c) evitare abbracci e strette di mano;
- d) mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro;
- e) igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
- f) evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva;
- g) non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
- h) coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
- i) non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;
- l) pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;
- m) usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o se si presta assistenza a persone malate.
- Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici
È previsto il rimborso dei biglietti aerei/ferroviari/marittimi nelle acque interne o terrestre a favore di una serie di soggetti (es. chi siano tenuti in quarantena; positivo al Coronavirus; abbia acquistato dei biglietti per destinazioni dove ci siano restrizioni per i cittadini italiani – art. 28 del DECRETO-LEGGE 2 marzo 2020, n. 9). In queste ipotesi è stata configurato un caso di impossibilità sopravvenuta ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile.
- Le misure straordinarie sullo svolgimento dell’attività giudiziaria
L’8 marzo 2020, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto legge 8 marzo 2020 n.11 con misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria.
Il decreto citato dispone che a decorrere dal 9 marzo sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020. La stessa sospensione riguarda altresì i termini per il compimento di qualsiasi atto riguardante i predetti procedimenti. In entrambi i casi sono previste tuttavia delle eccezioni (a titolo esemplificativo e non esaustivo, per le cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio).
Nel periodo successivo, dal 23 marzo fino al 31 maggio 2020, i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale adottano le misure organizzative necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dalle autorità competenti.
Simili provvedimenti sono stati introdotti anche per la giustizia amministrativa e contabile.
Come disposto dal decreto legge 11/2020 suddetto, restano ferme le misure previste dall’art. 10 del decreto legge 2 marzo 2020 n. 9 che ha stabilito, fra l’altro, la sospensione fino al 31 marzo 2020, e il rinvio a data successiva, delle udienze relative ai procedimenti civili pendenti presso gli uffici giudiziari dei circondari dei Tribunali cui appartengono i comuni inizialmente identificati come c.d. zona rossa (allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020), salvo eccezioni. La stessa sospensione si applica con riferimento agli atti processuali, comunicazioni e notificazioni che chiunque debba svolgere nelle regioni cui appartengono i comuni inizialmente identificati come zona rossa.
- Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale
Il 9 marzo 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha firmato un nuovo decreto estendendo la zona protetta a tutto il territorio nazionale, a cui vengono applicate le misure di cui all’art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020 inizialmente previste solo per alcune aree a contenimento rafforzato. Tali misure includono la limitazione degli spostamenti delle persone fisiche in entrata e in uscita dal territorio nazionale salvo eccezioni giustificate da: (i) esigenze lavorative, (ii) situazioni di necessità o (iii) motivi di salute da attestare mediante autodichiarazione (la cui veridicità potrà essere verificata anche con successivi controlli). Un divieto assoluto è previsto per le persone sottoposte alla misura della quarantena o che sono risultate positive al virus.
La sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è quella prevista in via generale dall’articolo 650 del codice penale (inosservanza di un provvedimento di un’autorità: pena prevista arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino 206 euro) salvo che non si possa configurare un’ipotesi più grave quale quella prevista dall’articolo 452 del Codice penale (delitti colposi contro la salute pubblica che persegue tutte le condotte idonee a produrre un pericolo per la salute pubblica).
Per eventuali dubbi in merito a quanto sopra riportato, non esitate a contattarci.
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