Lesioni personali gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro e criteri di imputazione oggettiva del reato all’ente: brevi note alla sentenza della Cassazione Pen., Sez. III, n. 39129 del 26 settembre 2023
Avv. Giovanna Amato
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in materia di criteri oggettivi di imputazione del reato all’ente, con riferimento alla commissone delle fattispecie colpose previste dall’art. 25-septies del d. lgs. 231/2001.
Ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. 231/2001, che disciplina i criteri oggettivi di imputazione del reato all’ente, questo è responsabile per i reati commessi nel suo «interesse» o a suo «vantaggio»: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
Con specifico riferimento alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 38343 del 24 aprile 2014) hanno avuto modo di affermare come i criteri di imputazione oggettiva, ovvero l’«interesse» e il «vantaggio», siano da considerare alternativi e concorrenti tra loro, posto che il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, dunque al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito, da valutare entrambi avendo come termine di riferimento la condotta e non l’evento (si veda anche Cass. Pen., Sez. IV, sentenza n. 38363 del 23 maggio 2018).
Come chiarito dalle Sezioni Unite e ribadito nella sentenza in commento, in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse o dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.
Si precisa, inoltre, che la responsabilità amministrativa dell’ente non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (Cass. Pen., Sez. IV, sentenza n. 24697 del 20 aprile 2016), e che il criterio di imputazione oggettiva dell’interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente (Cass. Pen., Sez. IV, sentenza n. 12149 del 24 marzo 2021).
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