PAVIA E ANSALDO
Brevi cenni sulla responsabilità penale degli enti
di Meritxell Roca Ortega, Socia di Pavia e Ansaldo
Il decreto legislativo 231 del 2001 (di seguito, anche, il Decreto) ha introdotto, in adeguamento ad alcuni trattati internazionali, una rilevante novità nell’ordinamento italiano, prevedendo una forma di responsabilità, definita amministrativa, ma equiparabile a quella penale, a carico delle persone giuridiche, società o associazioni, anche prive di personalità giuridica (di seguito, anche, Ente e/o Enti), per alcuni reati commessi da soggetti legati all’Ente stesso da un rapporto funzionale. La responsabilità è equiparabile a quella penale, sia sotto il profilo della afflittività delle sanzioni, sia sotto il profilo delle garanzie relative al procedimento per l’applicazione delle stesse. La responsabilità dell’Ente, in relazione ai reati commessi nell’ambito dell’organizzazione societaria, è aggiuntiva e non sostituiva, rispetto alla responsabilità della persona fisica che ha realizzato materialmente il reato. Vi è un coinvolgimento, nella punizione dei reati, degli Enti nel cui interesse o vantaggio i reati sono stati compiuti. Si tratta, quindi, di una scelta normativa volta alla responsabilizzazione delle imprese e delle società per i reati compiuti nel loro interesse o a loro vantaggio nell’ambito della loro organizzazione. Affinché possa configurarsi l’illecito a carico dell’Ente devono concorrere tre elementi:
a) la commissione del reato da parte di un soggetto legato all’Ente da un rapporto funzionale. Per quanto attiene al collegamento tra l’Ente e l’autore del reato, il Decreto richiede che il medesimo sia commesso nell’interesse o a vantaggio dell’Ente medesimo da:
1) soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché’ da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso. In questo caso si instaura una presunzione di responsabilità, in considerazione del fatto che tale soggetto esprime, rappresenta e realizza la politica di gestione dell’Ente;
2) soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui al numero 1). Non vi è, in questo caso, nessuna presunzione di responsabilità a carico degli Enti. Infatti, il fatto illecito compiuto da tale soggetto comporta la responsabilità dell’Ente solo se la commissione dell’illecito stesso sia stata resa possibile a causa dell’inosservanza dei doveri di direzione e vigilanza.
b) la commissione del reato nell’interesse o vantaggio dell’Ente. Il Decreto stabilisce che l’Ente sia ritenuto responsabile qualora il fatto illecito venga commesso “nel suo interesse o a suo vantaggio” da determinati soggetti, mentre non risponderà del fatto illecito se i soggetti indicati hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Un soggetto può, pertanto, commettere un reato nell’interesse dell’Ente senza tuttavia procurare allo stesso alcun vantaggio. Ugualmente lo stesso soggetto può commettere il reato non nell’interesse dell’Ente, ma nel suo interesse esclusivo, portando l’Ente stesso a beneficiare di un vantaggio, indiretto o riflesso.
c) la commissione di uno dei reati specificamente previsti dal Decreto. Infatti, la responsabilità derivante dal Decreto sorge soltanto per determinate fattispecie di reato, espressamente previste dal Decreto medesimo ed in continua evoluzione.
Le sanzioni previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato si distinguono in sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio di attività, sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, divieto di pubblicizzare beni e servizi), confisca e pubblicazione della sentenza.
La sanzione pecuniaria e la confisca sono obbligatorie, ovvero devono essere necessariamente disposte in caso di condanna dell’Ente. Le sanzioni interdittive e la pubblicazione della sentenza, vengono applicate nel caso in cui ricorrano determinate condizioni.
In ogni caso, il Decreto prevede specifiche forme di esonero dalla responsabilità amministrativa dell’Ente, per reati commessi nell’interesse e a vantaggio del medesimo, sia da soggetti apicali che dipendenti. Se il reato è stato commesso da soggetti apicali, l’Ente non risponde se prova che:
a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli, di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’Ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (l’Organismo di Vigilanza);
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b) sopra indicata.
Per quanto concerne i reati commessi dai dipendenti, l’Ente è esonerato dalla responsabilità se prova di aver efficacemente adottato e attuato, prima della commissione del reato, un Modello di organizzazione gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Il Modello organizzativo, pertanto, è uno strumento utile a diffondere, a tutti i settori e a tutti i livelli, la conoscenza e la coscienza del rischio legata alla commissione di un reato e, allo stesso tempo, un metodo per migliorare la vita delle società con interventi precisi e mirati a prevenire la commissione dei reati medesimi da parte delle persone fisiche. Pertanto, al fine di eliminare la responsabilità o di limitarla l’Ente deve necessariamente dotarsi di un Modello di organizzazione, gestione e controllo tale da garantire la prevenzione di taluni reati e nominare un Organismo di Vigilanza in grado di sovraintendere all’applicazione del Modello medesimo.
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