Sul controllo dell’attività del lavoratore subordinato tramite Telepass installato sull’auto aziendale
Studio Legale e Tributario IOOS
Avv. Enzo Pisa
Con ordinanza n. 15391 pubblicata lo scorso 3 giugno, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta l’impugnata sentenza della Corte d’appello di Ancona che – nell’annullare il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore, con mansioni di “tecnico trasfertista”, cui il datore di lavoro aveva contestato una serie di mancanze commesse nell’espletamento della prestazione lavorativa – aveva reputato, inter alia, inutilizzabili a fini probatori i dati acquisiti da quest’ultimo attraverso l’apparecchio Telepass installato sull’automezzo affidato al proprio dipendente per motivi di servizio, “e quindi irrilevanti sul piano disciplinare i punti della contestazione mossagli, riferentesi agli spostamenti con tale mezzo ricavati da tali dati” (risultanti dai “riscontri dei pedaggi”).
È ciò in quanto, relativamente al dispositivo Telepass, il datore di lavoro “non aveva dato prova di aver rispettato gli adempimenti indicati” dall’art. 4, c. 3, della L. 300/1970, come modificato dall’art. 23 del D. Lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act), secondo cui le informazioni raccolte attraverso impianti audiovisivi e altri strumenti di lavoro (impiegati esclusivamente per determinate finalità ed installati solo previo accordo collettivo stipulato con le RSU o le RSA ovvero con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni; ed, in mancanza di accordo sindacale, installati previa autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro), dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, oppure acquisite attraverso strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (tra cui, il Telepass) o strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” (e, quindi, anche a fini disciplinari) “a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione nelle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controllo e nel rispetto di quanto disposto dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196” (Codice in materia di protezione dei dati personali).
La Suprema Corte ha osservato, inoltre, che, “a fronte di quanto specificamente previsto dal comma 3 dell’art. 4 della L. 300/1970, è irrilevante la consapevolezza del dipendente sulla presenza dell’apparato Telepass sull’autovettura e sulle corrette modalità di uso dello stesso, essendo necessaria invece tale precipua informativa al lavoratore, della quale i giudici di secondo grado nella specie hanno contestato l’assenza”.
La S.C., esaminando la censura mossa nel secondo motivo di ricorso, ritenuto inammissibile, ha richiamato il proprio consolidato orientamento in tema di c.d. “controlli difensivi” sui dipendenti (categoria di creazione giurisprudenziale nella quale rientrano “i controlli diretti ad accertare comportamenti estranei al rapporto di lavoro illeciti o lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale e dunque non volti ad accertare l’inadempimento delle ordinarie obbligazioni contrattuali”), secondo cui sono consentiti, “anche dopo la modifica dell’art. 4 stat. lav., ad opera dell’art. 23 del d.lgs. n. 151 del 2015, i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà d’iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto (in tal senso, Cass. 34092/2021 e Cass. 25732/2021). Confermandosi che la legittimità dei controlli cd. difensivi in senso stretto presuppone il fondato sospetto del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno più dipendenti, è stato, quindi, specificato che spetta al datore di lavoro l’onere di allegare, prima, e di provare, poi, le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico ex post, sia perché solo il predetto sospetto consente l’azione datoriale fuori del perimetro d’applicazione diretta dell’art. 4 st. lav., sia perché, in via generale, incombe sul datore, ex art. 5 l. n. 604 del 1966, la dimostrazione del complesso degli elementi che giustificano il licenziamento”.
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