2022-11-18

Indennità in caso di cessazione del rapporto d’agenzia

di avv. Enzo Pisa e avv. Elena Bissoli

Interessante pronuncia della Corte d’Appello di Milano dello scorso 12 settembre in tema d’indennità di fine rapporto spettante all’agente in caso di suo recesso.
Il Collegio milanese, nel confermare l’impugnata sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda dell’agente diretta ad ottenere il pagamento dell’indennità di cessazione del rapporto, richiamando l’art. 1751, c. 2, c.c., secondo cui l’indennità in parola “non è dovuta: […] quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente”, ha precisato che quest’ultime “sono rappresentate da circostanze riconducibili alla sfera di dominio del preponente, che integrino un rilevante
inadempimento di quest’ultimo o quantomeno determinino una modifica delle condizioni del rapporto di entità tale da rendere non esigibile la prosecuzione dell’attività dell’agente”, configurabili di fatto in un inadempimento di non scarsa importanza.
In particolare, nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che le circostanze che l’appellante aveva attribuito alla mandante (consistenti nell’omesso pagamento di provvigioni c.d. “indirette” su affari conclusi direttamente dal preponente nella di lui zona, nell’aver tardato la consegna di alcuni beni alla clientela, nell’aver consegnato alcuni beni affetti da vizi, etc.) non individuassero puntuali inadempimenti contrattuali di quest’ultima e comunque non integrassero concreti fatti oggettivi a fronte dei quali si potesse ritenere non esigibile, da parte dell’agente, la prosecuzione dell’attività.
La sentenza della Corte meneghina, così decidendo, ha concretizzato il più generale principio di diritto enucleato dalla Suprema Corte, secondo cui “l’indennità di cessazione del rapporto, disciplinata dall’art. 1751 c.c., non è dovuta all’agente in ogni caso di scioglimento del rapporto e, in particolare, non è dovuta quando l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente” (Cass. n. 20551/2015) e sempre che si tratti “di un inadempimento colpevole e di non scarsa
importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente, tanto da non consentire la prosecuzione, “anche provvisoria”, del rapporto” (Cass. n. 1376/2018).

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