2019-01-07

STUDIO LEGALE MENICHETTI

Nullità del licenziamento a causa di matrimonio solo per le lavoratrici

di dott.ssa Camilla Perusi

 

 

Con sentenza n. 28926 dello scorso 12 novembre, la Corte di Cassazione, dirimendo un contrasto giurisprudenziale sorto tra i giudici di merito, ha stabilito che la nullità del licenziamento a causa di matrimonio, prevista dall’art. 35 del D. Lgs. 198/2006 (c.d. codice delle pari opportunità tra uomo e donna), è limitata alla sola lavoratrice, e quindi non estendibile anche al lavoratore uomo, posto che tale norma non costituisce un’ingiustificata disparità di trattamento, dal momento che essa risponde “ad una diversità di trattamento giustificata da ragioni, non già di genere del soggetto che presti un’attività lavorativa, ma di tutela della maternità, costituzionalmente garantita alla donna, pure titolare come lavoratrice degli stessi diritti dell’uomo, in funzione dell’adempimento della ‘sua essenziale funzione familiare’ anche nell’assicurazione ‘alla madre e al bambino’ di ‘una speciale adeguata protezione’ (art. 37 Cost, comma 1)”.

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguardava l’impugnazione, da parte d’un lavoratore, del licenziamento intimatogli a meno d’un anno dalla richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, da lui ritenuto nullo per discriminazione in ragione del sesso, con applicazione estensiva dell’art. 35 cit., che prevede, inter alia, che:

1. Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte.
2. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio
3. Salvo quanto previsto dal comma 5, si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio.

Negli ultimi anni, l’assunto del ricorrente in Cassazione aveva trovato l’adesione di una parte della giurisprudenza di merito (tra cui, Trib. Milano 3/6/2014 e Trib. Roma 16/1/2017), che, in forza di un’interpretazione della norma nazionale conforme alla normativa comunitaria sulla parità di trattamento tra uomo e donna, e superando il dato letterale dell’art. 35, aveva ritenuto nullo il licenziamento per causa di matrimonio intimato al lavoratore.

La recente sentenza della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso del lavoratore, ha sottolineato non solo che “la norma, non a caso inserita proprio nel codice delle pari opportunità, deve essere letta, per una sua corretta comprensione, quale approdo della tutela costituzionale, assicurata ai diritti della donna lavoratrice”, ma anche che “la legge è stata emanata in seguito alla prassi diffusa dei licenziamenti delle lavoratrici in occasione del loro matrimonio”.

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